Coffeefrom, tazzine e piattini da caffè fatti di caffè
Oggi vi presento “Coffeefrom”, la realtà che ha creato l’innovativo materiale bio-based dai fondi di caffè riciclati di origine industriale, capace di offrire una seconda vita al caffè esausto, tra gli scarti a più alto impatto ambientale e gestionale.
Io e Francesco in quest’anno e mezzo di blog abbiamo imparato a scandagliare i social e internet alla ricerca di belle storie e realtà che abbiano a che fare con il caffè. Ed è da questa ricerca che ultimamente abbiamo scoperto quella di Coffeefrom.
Ergonomiche, impilabili e durevoli, le tazzine sono il risultato di un progetto dello studio creativo Whomade. Grazie al design ricercato sia nei dettagli estetici che in quelli funzionali, il set è studiato per accompagnare ed esaltare al meglio il rito e il piacere tutto italiano di degustazione del caffè.
Ma prima di farmi il mio amato caffè e degustarlo nelle tazze Coffeefrom vi lascio una breve intervista fatta allo staff.
Buona lettura e buon caffè.
Da dove nasce l’idea di Coffeefrom?
L’idea di Coffeefrom nasce nel 2019, ma le sue basi risalgono al 2015.
In occasione di Expo, la nostra Cooperativa – Il Giardinone – prende parte a una sperimentazione voluta da Lavazza e Novamont, in collaborazione con il Politecnico di Torino, che consisteva nel recupero dei fondi di caffè dei bar Lavazza per la coltivazione di funghi freschi.
ll nostro obiettivo era quello di recuperare i fondi di caffè esausti e portarli nella nostra sede dove avveniva fisicamente la coltivazione.
Tale esperienza ci ha così entusiasmato che nel 2016 abbiamo voluto dar vita al nostro primo prodotto di economia circolare; Fungobox – il kit di autoproduzione di funghi freschi dai fondi di caffè.
Il progetto da allora procede senza sosta, grazie alla collaborazione con i bar locali, da cui ogni settimana recuperiamo il caffè esausto.
La cosa più interessante risiede nel fatto che una volta terminata la vita del substrato composto da caffè esausto e micelio può ritornare di nuovo alla terra.
Abbiamo recuperato finora 2160 quintali di fondi di caffè di origine urbana; un numero che può sembrare elevato ma che per noi ha rappresentato solo l’inizio di un nuovo percorso di sostenibilità.
Abbiamo sentito l’esigenza di estendere il nostro raggio d’azione e inserirci nell’ambito industriale, dove i fondi di caffè rappresentano uno scarto che spesso viene smaltito in discarica.
Dall’industria alimentare, il vending o la ristorazione collettiva, i fondi di caffè costituiscono un alto costo innanzitutto ambientale, date le emissioni CO2 per il trasporto e lo smaltimento, ma anche gestionale.
E così nel 2019 – in collaborazione con Fondazione Politecnico di Milano e il Dipartimento di Chimica Giulio Natta del Politecnico di Milano – abbiamo iniziato un progetto di ricerca che portasse alla creazione di nuovo materiale bio-based Made in Italy, composto da biopolimeri e fondi di caffè industriali, dalle infinite possibilità espressive.
Se doveste descrivere Coffeefrom, quali aggettivi utilizzereste?
Coffeefrom è un materiale, un team, una tazzina, una visione.
Ma tra questi elementi così diversi che compongono l’insieme “Coffeefrom” ci sono molteplici fili comuni; Coffeefrom è innovativo, è versatile, è innovativo, poliedrico e sociale.
Coffeefrom è anche conviviale; da una tazzina di caffè, simbolo per eccellenza di condivisione il progetto riunisce inoltre soggetti profit e no profit, uniti dalla stessa Mission.
Quanto è importante il valore del riciclo e della consapevolezza ecologica nelle scelte della vita quotidiana di ognuno di noi?
In questo momento storico, gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile definiti dall’ONU rappresentano una bussola tanto per le imprese quanto per i cittadini.
Per noi, recuperare ciò che per un’industria rappresenta uno scarto significa un nuovo input per un secondo percorso produttivo. Questo perchè crediamo nella filosofia zero-waste e nel modello di simbiosi industriale; ossia un modello in cui soggetti di dimensioni e settori diversi hanno la possibilità di condividere un obiettivo comune, scambiando competenze, materiali, scarti e risorse.
Per fare questo passaggio, siamo partiti dal ripensamento di una prassi industriale, di un modo di produrre tradizionale che sta però lentamente cambiando, accogliendo nel nostro caso uno scarto organico.
Quali indicazioni (comportamenti virtuosi, condivisione dei valori etc.) “il mercato” può dare ai cittadini?
Allo stesso modo, questo ripensamento può avvenire anche nel quotidiano; si tratta di capire come poter allungare la vita degli oggetti che ci circondano, attraverso il riciclo, la trasformazione, l’acquisto di seconda mano, o affidandosi ad aziende e servizi che hanno fatto del riciclo il loro core business.
Dal lato delle aziende, l’ingaggio dei cittadini è essenziale per poter proseguire con progetti e realtà più complesse.
Bere il caffè in una tazzina Coffeefrom è un esempio concreto di coinvolgimento quotidiano; dietro a questo oggetto, l’utilizzatore aderisce ai suoi valori sociali, approva l’economia circolare, sostiene e diffonde quotidianamente la cultura del riciclo, riconoscendo le differenze da una tazzina in ceramica o in vetro tradizionali.
Anche Fungobox, ad esempio, permette di “assistere” all’economia circolare dentro casa; con questa premessa, siamo riusciti a sensibilizzare anche i più piccoli, rendendo il riciclo un’esperienza didattica.
Post in collaborazione con Coffeefrom.
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